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La trebbiatura del grano.
Posizionamento di trebbia e imballatrice. Il pagliaio
Deve essere diritta.
- Era un lavoraccio ... Anche polvere.
No, no, polvere no! Andavi a legar ferri sotto la pressa...
Polvere ce n'era da morire. La paglia sciolta andava dentro sulla pressa, con la polvere e tutto, e oltre a quella, sotto c'erano "i spigassi", che sono proprio tutta la fanghiglia, tutta la polvere, le macinature piccole.
La spiga macinata. I resti della spiga, perché lo scheletro della spiga restava attaccato sulla paglia, mentre tutti i granelli venivano fuori. Veniva fuori il frumento da una parte e "i spigassi" dall'altra.
- E tu dietro, sulla bocca...
... c'era la pressa che, tran e tran...
Prendeva il ferro.
Spingeva e poi premeva. Prima spingeva giù e poi premeva.
Bisognava che fossero pronti a mettere il ferro.
- Bisognava metterlo a mano?
Eh sì. Tiravi "e forchéte".
- Com'erano 'ste forchette?

- L'esperto del pajer de paja.
Sempre lui. Poi c'erano anche altri che gli davano una mano.
- Come cominciava a farlo?
Basta la paglia, la metti liscia.
La prepari bene, bisogna che tu la prenda in mano tutta. La alzi e la metti là. Non arrotolarla, perché se la arrotoli va dentro l'acqua.
Non come arriva con la forca.

- I cinghioni di cosa erano fatti... erano... ... di cuoio.
-E per tenerli belli, sempre prestanti?
Grasso di cavallo. Compravi il grasso, lo sfrigolavi ... facevi come lo strutto e lo davi sulle cinghie.
- Prima dell'imballatrice, com'era?
Era paglia sciolta.
Per terra. Spigassi (spighe trebbiate). Avevi un badilone per "i spigassi" e la forca per la paglia, per portarla sul pagliaio. Forche con i manici lunghi, per arrivarci.
- "El pajer de paja" era l'altro pagliaio, quello definitivo [in precedenza, per la trebbiatura del grano, era stato innalzato el pajer de fromento/de faje].
Anche quello bisognava coprirlo bene sennò andava dentro l'acqua.
(C.P.) - Ci voleva un'arte giusta: era Vante Crò.

«- Quando arrivi con la trebbia...
Era il mio mestiere, quello. Saltavo basso, binda (cricco) in mano, e via a mettere a posto, mettere in bolla. La metti in linea. Bisogna che sia in bolla sennò non batte bene. Ti avvicinavi, mettevi in terra il cinghione e lo mettevi in tiro: lo mettevi su, lo facevi girare pian piano...
(Moglie = C.P.) - Tanto la macchina che la trebbia che la pressa, avevamo tre pezzi...
- Il trattore (il famoso 45 Landini) metteva in moto la trebbia e dietro c'era... ... l'imballatrice.
La forchetta sarà lunga 60-70 cm. È come un'arco. C'è una scanalatura e dentro là infilzi il ferro. Uno da una parte e uno dall'altra...
- Poteva anche essere pericoloso.

Pericoloso? Una volta a Piero Spinèo gli ha "mangiato" il braccio.
- In che senso?
È andato dentro con la mano dove viene spinta giù la paglia, non ha visto che l'altro veniva giù ... si è assassinato un braccio
- Questo [modo di imballare la paglia] è andato avanti sempre, finché è venuta la mietitrebbia.
[Ma non è durato] proprio tanti anni. Saranno stati... 5-6 anni, anche di più. Non proprio tanti anni, perché era un lavoro molto faticoso; più che sia perché le balle erano pesantissime.
- Chi manovrava le balle, chi le buttava sul pagliaio?
Gli uomini, le buttavano su. Prima le portavamo [vicino] in 2, e dopo altri 2 buttavano su.
- Arrivare alto sul tetto del pagliaio...
Non andavi tanto alto perché, essendo pressata, era + bassa.
- E la copertura del pagliaio di balle?
Con la paglia, sciolta. Mollavi un poche di balle o la prendevi sciolta.
- Invece il pagliaio prima dell'imballatrice...
Sempre con la paglia sciolta.
- E sopra il colmo?
Paglia...
Di qua e di là. Bella liscia. Sapevano l'arte, il modo di fare. E dopo, di sopra, perché il vento non la portasse via mettevamo i listoni, i forconi.
Delle atole legate.
-"Istoni" o forconi?
Forconi ... anche "istoni" se vuoi chiamarli, ma da noi erano "atole" (pertiche) di salice tirate fuori apposta, belle lunghe e grosse, legate una con l'altra con un pezzo di spago: 1 di qua, 1 di là. Ogni metro 1, in modo che tenessero fermo, perché la paglia è "soìva" (soffice), è leggera, vola via col vento, allora questo...
2 atole legate...
Mio padre li chiamava "atoloni", atole grosse, preparate prima, legate. Dopo si poteva metterle via - se non andavano spaccate - per 3-4 anni. Le mettevamo via apposta, legate con lo spago.
- E dormire, dove dormivi?
Andavi bene se trovavi il grumo di "resteaúre": erano le spighe [rastrellate e ammucchiate] che erano a fianco del pagliaio, in terra. Quello era il nostro letto.
Quando andavo arare, il nostro letto cos'era? Dietro un covone, su un grumo di resteaúre. Tra il primo e il secondo mejón (covone) c'è il mucchio di resteaúre: quello era il nostro letto.
(...) - Sotto le stelle... »

  G. M. trattorista, Canizzano 1934 e C.P. contadina, Treviso-S. Angelo 1937.